maggio 2022

Mondo russo e mondo occidentale. Alcune considerazioni geopolitiche sulla guerra in Ucraina di Ettore Perrella

1. L’espressione “mondo russo” (russkij mir) esprime il marchio, più che l’ideologia1, della politica di Putin. Credo che valga la pena, tuttavia, di riflettere su questa espressione, per comprendere su quale scenario geopolitico ci stiamo muovendo dal 24 febbraio scorso.

Notiamo prima di tutto che il valore semantico di questa espressione è contraddittorio e che non esiste in altri contesti un’espressione equivalente (certo, si parla spesso di un “mondo occidentale”, ma nessuno ha mai parlato di un “mondo statunitense” o di un “mondo europeo”; e del resto non è affatto scontato che la cultura russa non sia una cultura occidentale).

Che significa, allora, “mondo russo”? Un mondo è un insieme di relazioni – una comunità: la parola mir può tradursi anche così – complessive ed autosufficiente. Dire allora che esiste un “mondo russo” significa dare all’aggettivo “russo” un valore universale, che esso certamente non ha, a meno di non dare alla Russia una funzione altrettanto universale (come quando si parla di un mondo civile o di un mondo del diritto). Ma come può pretendere un popolo d’avere questa funzione universale, se non ci si esprime su un piano religioso, e quindi apocalittico, cioè rivelativo2? E come può la Russia pretendere d’avere questa funzione?

Eppure la Russia, da quando Mosca è stata chiamata la “terza Roma”, ha preteso proprio questo. E il progetto politico comunista di fare dell’Unione Sovietica l’avanguardia d’una rivoluzione proletaria planetaria si ricollegava proprio a questa tradizione teologico-politica, nonostante l’ateismo di facciata. Ma che funzione universale può avere la Russia, se le sue decisioni politiche non sono né determinate religiosamente né rivoluzionarie?

Comunque, la Russia è sempre stata più che una nazione. Nel pensiero cui Putin si ricollega, la Russia è prima di tutto una e trina, perché si compone di tre nazioni: la Grande Russia, la Piccola Russia (l’Ucraina) e la Russia Bianca (la Bielorussia). Questi tre popoli condividono una lingua (con poche varianti secondarie), una storia, una cultura e una religione: l’ortodossia garantita dal Patriarcato di Mosca (che solo formalmente è secondo rispetto al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli). Inoltre lo Stato di cui Putin è Presidente si chiama Federazione Russa, perché al suo interno esistono più popoli, ai quali è riconosciuta una qualche autonomia amministrativa, anche se questi popoli non sono né slavi né cristiani.

Per converso, fuori della Federazione Russa, vivono alcuni milioni di russi, per esempio in Bielorussia, in Ucraina e in numerosi altri Stati che fecero parte prima dell’Impero Russo, poi dell’Unione Sovietica3. E il Cremlino non fa mistero di voler “proteggere” questi milioni di Russi, che la dissoluzione dell’URSS ha reso cittadini di Stati diversi dalla Russia, nei quali sono divenuti una minoranza. Perciò la Russia ha creduto possibile sottrarre delle province prima alla Georgia (nel 2008), poi all’Ucraina (nel 2014), anche se l’annessione di questi territori di confine non è mai stata riconosciuta da tutti gli altri Stati del pianeta (e prima del 2022 nemmeno dalla Russia).

Da tutto questo si deduce che, per Putin, sia la Bielorussia sia l’Ucraina sono Stati che fanno parte a pieno titolo del “mondo russo”, e che quindi dovrebbero anche politicamente essere governati in pieno accordo con i criteri seguiti a Mosca. Per Putin la Bielorussia e l’Ucraina sono, semplicemente, delle parti del “mondo russo”. Perciò Putin si aspettava che il passaggio della frontiera avrebbe travolto il governo di Kiev, che sarebbe stato sostituito da un governo fantoccio, simile a quello presieduto a Minsk da Lukašénka. Il governo attuale dell’Ucraina, quindi, si sarebbe insediato non per una decisione del popolo ucraino – che, nella prospettiva putiniana, semplicemente non esiste –, ma per un colpo di stato voluto e finanziato dall’Occidente4.

Putin, evidentemente, si era sbagliato. La stragrande maggioranza degli ucraini non si considera affatto russa e riconosce invece nel proprio paese una nazione che fa parte a tutti gli effetti dell’Europa occidentale. Resistendo eroicamente all’aggressione militare il popolo ucraino ha dimostrato di considerarsi un popolo diverso dal popolo “fratello” della Grande Russia.

Ma lo stesso errore era stato fatto da Biden, quando, all’attacco russo, offrì a Zelenskyj la possibilità di creare un governo ucraino in esilio. Insomma il mondo intero pensava che l’Ucraina fosse una parte del “mondo russo” e con sorpresa ha scoperto che invece l’Ucraina è un paese occidentale, che vuole far parte a tutti i costi dell’Unione Europea e magari anche della NATO.

2. Veniamo ora agli Stati Uniti d’America ed ai motivi per cui non è mai esistito un “mondo statunitense”. Negli Stati Uniti, che in origine erano una colonia inglese, si continua a parlare la lingua della madrepatria, e gli abitanti, provenendo dall’Inghilterra, ma anche dall’Irlanda, dalla Germania, dall’Italia, dalla Russia, dall’Africa e dall’America meridionale, e persino dalla Cina, non formano nessuna comunità nazionale, se non quella garantita dalla democrazia e dai suoi principi. Inoltre gli Stati Uniti si sono trovati a svolgere una funzione “imperiale” solo dopo le due guerre mondiali, e soprattutto dopo la seconda, quando si sono posti come i paladini della democrazia contro l’Unione Sovietica e i suoi alleati.

Dopo la fine della guerra fredda, tuttavia, gli Stati Uniti non hanno mai rinunciato ad essere l’unico “impero”, ed oggi proprio per questo considerano la Cina come il principale nemico. Attaccando l’Ucraina, la Russia ha segnalato che gli Stati Uniti non hanno nessun diritto a considerarsi come l’unica superpotenza (come l’unico “impero”), perché la Russia stessa pretende d’esserlo, come lo pretende la Cina5.

Del resto gli USA non avrebbero nessuna scusa per pretendere d’essere un polo politico imperiale, se non avessero la giustificazione d’essere alleati dell’Europa e della Gran Bretagna. Tutti i paesi occidentali, anche se non fanno parte della NATO, derivano culturalmente, come gli Stati Uniti, dall’imperialismo britannico, come l’Australia e la Nuova Zelanda. In effetti la NATO, con l’aggiunta della nuova alleanza anticinese che gli Stati Uniti hanno stretto con l’Australia, l’India ed il Giappone, costituirebbe un blando “impero americano”, se i paesi che aderiscono liberamente a queste alleanze militari non fossero tutti degli Stati sovrani, almeno dal punto di vista del diritto internazionale.

Ma che cosa s’intende per “Occidente”? Certo, l’Occidente include l’Europa occidentale, l’America settentrionale, l’Australia e la Nuova Zelanda. Ma allora l’America latina non fa parte dell’Occidente? E non ne fanno parte anche il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan, che pure “occidentali” non potranno mai essere? Ripetiamo la domanda: che significa “occidentale”? Proprio questo non è chiaro. Per difendere l’Occidente, bisognerebbe che fosse chiaro a tutti che cos’è che si difende. La democrazia? Ma la Turchia e l’Arabia Saudita non sembrano rientrare in questo criterio. Il capitalismo? Ma il capitalismo di Stato della Cina non funziona in modi molto diversi dal capitalismo occidentale. E allora che cosa? Un principio di diritto internazionale, che dopo tutto sta alla base dell’ONU, secondo il quale tutti gli Stati del pianeta hanno il diritto di scegliere i propri sistemi politici e di governo? Ma allora anche la Cina e l’Iran sarebbero paesi “occidentali”.

E allora l’Ucraina, quando dimostra di non volersi fare di nuovo assimilare dalla Russia, che cosa cerca? Solo la democrazia e la pace? O cerca invece di non voler fare parte di un impero governato da altri? Difatti la Piccola Russia e la Russia Bianca sono sempre state, per così dire, dei soci di minoranza nell’ambito del “mondo russo”, che è sempre stato un impero centralizzato, governato da Mosca e da San Pietroburgo in maniera autocratica e senza nulla concedere a nessuna autonomia regionale, nonostante l’uso del termine “federazione”.

3. Tuttavia l’espressione “mondo occidentale” esiste ed è di uso molto comune. Ma questa espressione non viene intesa allo stesso modo sulle due sponde dell’Oceano Atlantico. Negli Stati Uniti, dalla fine della seconda guerra mondiale, essere occidentali significa riconoscere il loro primato geopolitico. In Europa essere occidentali significa qualcosa di diverso, perché, fino al 1914, l’Europa governava gran parte del pianeta, attraverso i suoi imperi coloniali.

L’imperialismo europeo è finito con la seconda guerra mondiale, e i paesi europei sono stati felici della copertura militare che veniva fornita loro dagli Stati Uniti, anche perché questo consentiva un netto risparmio. La sovranità reale va garantita con le armi e con gli eserciti, e le armi e gli eserciti sono molto costosi.

Tuttavia l’ipotesi secondo la quale, dopo la fine della guerra fredda, gli Stati Uniti sarebbero rimasti come l’unica superpotenza del pianeta è stata contraddetta più volte dai fatti, per esempio dalle politiche isolazioniste di Trump e dalla ritirata disastrosa dall’Afghanistan (senza la quale forse la Russia non avrebbe attaccato l’Ucraina).

I paesi europei sembrano aver capito presto la lezione: non possono dipendere energeticamente dalla Russia, non possono essere disarmati, e soprattutto hanno bisogno di una politica estera unitaria, oltre che di un esercito comune. La Germania ha deciso di riarmarsi ed un esercito comune europeo è stato progettato. Tuttavia è evidente che l’Europa non può avere una politica divergente da quella degli Stati Uniti se non diviene un’effettiva federazione. Ma fra creare un piccolo esercito comune e fondere tutti gli eserciti europei in uno solo c’è una grande differenza, ed un’Europa le cui decisioni devono essere prese all’unanimità è di fatto incapace di prendere qualunque decisione unitaria, che possa avere un peso geopolitico determinante.

In astratto questo è evidente a tutti. Ma perché questo percorso venga compiuto di fatto, ammesso che mai avvenga, ci vorranno decenni. E le decisioni politiche a volte devono essere prese rapidamente, in pochi giorni, se non in poche ore.

4. Il paradosso, nella situazione attuale, è che il principio fatto valere, con modalità inaccettabili, da Putin non era un principio sbagliato. Gli Stati Uniti non hanno di fatto il potere d’imporsi all’intero pianeta come l’unico governo capace di prendere delle decisioni globali. E gli Stati europei, come la Cina e l’India, lo sanno perfettamente.

Se non vogliamo che i prossimi decenni tornino ad essere funestati da guerre continue e da disastri naturali che richiederebbero delle decisioni politiche comuni, come la pandemia, bisogna davvero che il problema della situazione geopolitica dell’intero pianeta sia ripensato dalla fondamenta. Gli Stati Uniti, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, si sono attenuti ancora alla soluzione precedente della guerra fredda, senza però che ci fosse più un equilibrio fra poteri opposti, come accadeva un tempo.

Certo, la soluzione di questo problema non può essere nemmeno quella proposta da Putin. Ma non è nemmeno quella cui si sono attenuti tutti i governi americani. In questo contesto l’Europa potrebbe dare un contributo prezioso a mettere in atto una nuova politica degli equilibri internazionali. Ma questa nuova politica dev’essere pensata, prima d’essere messa in atto. E questo non sarà possibile se i popoli continueranno a delegare la soluzione di problemi così rilevanti a pochi politici che si preoccupano solo dei risultati elettorali dei prossimi sei mesi.

Attualmente l’Europa, in quanto alleata degli Stati Uniti, è intervenuta a sostegno dell’indipendenza dell’Ucraina, che del resto vorrebbe far parte dell’UE. Ma molte cose dimostrano che molti paesi dell’Europa sono incerti. Mentre quelli dell’Europa orientale, dall’Estonia alla Romania, sono convinti sostenitori delle scelte della NATO, quelli dell’Europa occidentale – soprattutto la Germania e l’Italia – si trovano in una scoperta contraddizione: mentre per un verso sostengono convintamente l’Ucraina, per un altro continuano a finanziare Mosca, da cui dipendono dal punto di vista energetico.

Questo dimostra che la soluzione di questa guerra comporterà anche una decisione dell’Europa sulla propria volontà politica. L’Europa deve decidere se essere satellite della potenza americana, o trovare una propria posizione. autonoma sia da Mosca sia Washington. Il che naturalmente non sarà concretamente possibile finché l’Europa non accetterà d’avere un’unica gestione della propria politica estera ed un unico esercito. “Leuropa, se volessimo trarne maschera per la commedia dell’arte, un po’ Arlecchino e molto Balanzone. Quale resta”, leggiamo in un editoriale di “Limes”6. L’Europa deve decidere se vuole rimanere un campo di battaglia fra potenze geopolitiche opposte, quale è stata dal 1914, o avere una voce in capitolo nella politica mondiale.

1 G. Savino, Cosmologia di Vladimir Putin, in “Limes” 4/2022, p. 69.

2 In effetti nella Bibbia una funzione universale è attribuita al popolo ebraico, ma solo in quanto, al tempo dei profeti, gli ebrei erano l’unico popolo monoteistico; su questo punto rimando al mio Sovranità, libertà e partecipazione. Per un’etica politica globale, Polimnia, Sacile 2022, soprattutto al secondo volume, I presupposti ebrauco-cristiani della sovranità globalizzata.

3 Si parla russo anche in Israele, ma questo non significa di certo che Israele faccia parte del “mondo russo”. Su questa eccezione si potrebbero fare molte considerazioni, perché la Russia è stata una delle patrie dell’antisemitismo, e perché l’Unione Sovietica, la Bielorussia e l’Ucraina sono state determinanti nell’approvazione da parte dell’ONU dell’esistenza della Repubblica d’Israele come uno Stato sovrano.

4 “A quanto sembra i decisori del Cremlino credono che il “progetto ucraino” nella sua forma attuale sia un prodotto made in the West, fabbricato con l’unico scopo di minare e persino distruggere la Russia” (A. Kortunov, “In Ucraina ha fallito la diplomazia”, “Limes” cit., p. 90).

5 Le pretese “imperiali” non mancano anche da parte di Stati molto meno potenti, come l’India, il Brasile, L’Iran, la Turchia. Trascuriamo per il momento i paesi europei, che sono stati effettivamente degli imperi coloniali e che non si sono rassegnati a rinunciare a questa funzione, come la Gran Bretagna e la Francia. Su questo punto ritorneremo fra poco.

6 “Limes” 3/2022, p. 7.