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Kiev, capitale del mondo. Dall’utopia alla politica di Ettore Perrella

1. Quando, alla fine di febbraio, le truppe russe sono penetrate in Ucraina, nessuno s’aspettava che un popolo, che molti confondevano con il popolo russo, avrebbe resistito più di cinque giorni all’aggressione dell’“orso” putiniano. Invece non solo l’Ucraina, dopo due mesi, continua a resistere, ma è riuscita a riunire per la prima volta attorno alla propria lotta la partecipazione dell’intero Occidente. Combattendo, il popolo ucraino, erede dei Cosacchi, ha dimostrato al mondo intero d’esistere.

Certo, non tutti i popoli l’hanno sostenuto, perché la Cina e l’India – quasi le metà della popolazione del pianeta – sono rimaste solidali con Putin. Anche nella NATO ci sono imbarazzanti differenze. La Germania e l’Italia, per via del gas, continuano a finanziare lo stesso paese che sanzionano, contro ogni principio di non contraddizione.

Potrebbero fare diversamente? Sono il primo ad ammettere che non lo potrebbero, senza andare incontro a insuperabili problemi economici, anche se Zelenskyj non ha mancato di sottolineare quanto questa contraddizione sia vergognosa: come è stato vergognoso che la NATO non abbia fatto nulla per impedire questa guerra, fra il 2014, quando è cominciata, ed oggi.

Comunque i paesi occidentali finanziano l’Ucraina, che assistono anche con gli armamenti (in modo insufficiente, dice Zelenskyj, ma lo fanno). Ed anche a questo si deve che l’Ucraina resista.

2. I pacifisti protestano. Armare l’Ucraina, dicono, significa aumentare i morti. La logica, quando si arma solo del principio di non contraddizione, non è assolutamente in grado d’affrontare la realtà. Non armare l’Ucraina significherebbe abbandonarla all’assimilazione da parte della Russia, vale a dire a ciò che gli ucraini hanno dimostrato di rifiutare, al rischio della morte.

Tuttavia il problema si pone. In Italia il rifiuto della guerra è un principio costituzionale. Ciò significa che l’Ucraina non debba essere difesa? Ma allora tanto varrebbe chiedere a Putin di divenire Presidente della Repubblica italiana, o magari imperatore del mondo.

Le armi sono necessarie, almeno per difendersi. Invece non vanno usate per aggredire degli Stati sovrani. Quando questo succede, un ordine planetario, rappresentato solo idealmente dall’ONU, dovrebbe cercare d’impedirlo.

Come? Con la diplomazia, rispondono i pacifisti. Seconda stupidaggine. Se non bastano le sanzioni ad ammansire l’orso, come potrebbero riuscirci le conversazioni? Non si tratta con chi non vuole farlo.

Terza stupidaggine: la resistenza ucraina non sarebbe paragonabile a quella degli italiani contro i tedeschi. Certo, le differenze non sono poche. In Italia si resisteva ai tedeschi, con l’aiuto degli anglo-americani, nel corso d’una guerra mondiale. Invece gli ucraini resistono ai russi, con l’aiuto degli anglo-americani, per evitare che ci sia una nuova guerra mondiale. La differenza è solo questa.

E gli ucraini continuano a ripetere che combattono anche per difenderci. In un certo senso, non hanno torto a dirlo. I paesi della NATO, se volessero a tutti i costi difendere da Putin l’Ucraina, dovrebbero attaccare manu militari la Russia. Ma possiamo escludere che questo succeda, nella situazione attuale, perché non c’è nessuno che lo voglia. Non lo vuole Biden, non lo vuole Putin, e certamente non lo vuole nemmeno l’Ucraina.

Anche se tutti quanti temiamo che succeda.

3. Torniamo all’ONU, che potrebbe impedire la guerra solo se ne avesse il monopolio, insomma se avesse un esercito proprio. Ma l’ONU è un’organizzazione internazionale, non è uno Stato sovrano. Quindi, se immaginiamo che possa avere un esercito diverso da quello degli Stati che vi aderiscono, passiamo dalla politica all’utopia.

L’utopia può essere un principio di condotta politica? Il marxismo ha sempre risposto di sì a questa domanda, anche se si è contraddetto mille volte, per esempio quando Stalin guidava l’Unione Sovietica, che era ancora l’orso russo, e che faceva pagare con milioni di vite ed i gulag sia i propri successi, sia i propri fallimenti. Ciò nonostante, non possiamo dimenticare che, se l’Europa si è salvata da Hitler, almeno metà del merito spetta ai milioni di russi che hanno pagato con la vita la vittoria nella “grande guerra patriottica”, come la chiamano a Mosca.

4. Diciamolo in rima, per alleggerire il tono.

    • Il disarmo sarà una facile meta
  • se uno Stato soltanto ci sarà sul pianeta.
    • Nella Pace perpetua disse Kant e ridico
  • che non si può far guerra, quando non c’è un nemico.

L’utopia del disarmo, del quale si è cominciato a parlare solo dopo la bomba atomica, sarebbe facilmente realizzabile se, come propose Kant, tutti gli Stati sovrani del pianeta si confederassero, rendendo così la pace perpetua sicura, in mancanza di nemici. Naturalmente creare una federazione universale degli Stati è un’utopia anche più estrema del disarmo. E oggi purtroppo la città di Kant è stata ribattezzata Kaliningrad, ed è un vero arsenale militare russo.

Nonostante l’utopia, il federalismo fu proposto, per gli Stati europei, dopo la fine della seconda guerra mondiale. L’europeismo non è che una versione parziale del federalismo che, se fosse planetario, potrebbe consentire facilmente il disarmo. E il disarmo e il federalismo sono stati proposti come ideali anche politici, dopo le immense stragi della seconda guerra mondiale. In fondo, se non fosse stato per la shoah, nemmeno lo Stato d’Israele sarebbe mai sorto.

Ora, l’Unione Europea esiste, anche se non è una federazione. Ma potrebbe diventarla, benché mille volontà politiche ed interessi economici vi si oppongano anche in Europa (e non solo). Non a caso la guerra in Ucraina ha consentito che i paesi dell’UE approvassero per la prima volta la creazione d’un esercito europeo. Certo, sarebbe il ventottesimo esercito europeo. E poi chi deciderebbe come usarlo? I paesi dell’UE, a maggioranza assoluta? Figuriamoci. Quindi un esercito europeo vero dovrebbe essere l’unico esercito europeo. Che non potrebbe esistere se l’Europa non fosse una federazione, con un unico governo e un’unica politica estera.

In Europa lo si potrebbe proporre facilmente, se un movimento politico lo chiedesse e se questo movimento giungesse ad essere maggioritario.

Un vero federalismo, infatti, non può non essere democratico, come il rifiuto della guerra.

5. Esistono ancora nel mondo dei paesi che prevedono, per alcuni reati, la condanna a morte. E tutti i paesi del mondo – nonostante alcune costituzioni – prevedono la possibilità della guerra, che produce ancora delle condanne a morte, per di più d’innocenti.

    • Come non è legittima una condanna a morte,
  • perché non può correggere il giudizio una corte,
    • così non è legittima la guerra, ché il governo
  • ha un potere mondano, non un potere eterno.

Le condanne a morte, diceva Beccaria, non sono ammissibili, perché un eventuale errore giudiziario non può essere corretto. Ma la guerra è sempre un errore giudiziario. È sempre un atto di violenza ingiusto, del quale tutti gli Stati sovrani del pianeta continuano a pretendere il monopolio. Soltanto uno Stato federale globale potrebbe evitare la guerra, in mancanza di nemici da cui difendersi (a meno che non provengano da improbabili popoli extra-terrestri). In uno Stato federale globale, l’esercito non sarebbe che un corpo di polizia.

Ora, se si è ottenuto che molti Stati non ammettano le condanne a morte, perché non si potrebbe ottenere che tutti gli Stati rifiutino la guerra, federandosi?

Certo, di nuovo, questa è un’utopia. Ma, se questa utopia divenisse lo scopo d’un movimento politico popolare e sovranazionale, non è detto che essa, magari nel corso di qualche secondo, non possa realizzarsi almeno un poco.

Naturalmente immaginare questo movimento politico popolare richiede che si pensi in grande, con scopi etici assolutamente irrinunciabili.

Gli uomini sono strani animali, capaci dei peggiori orrori e delle più straordinarie meraviglie. Perché non potrebbero riuscire anche in questa?

6. Ucraina significa “al confine”. E tale è davvero questa terra, sia per i russi, sia per gli europei. Prima della recente aggressione militare, noi europei non sapevamo neppure che l’Ucraina fosse una vera nazione. Eppure proprio per questo oggi Kiev potrebbe essere diventata la capitale morale del mondo.

    • Esperto di teatro, Zeleskyj il Presidente,
  • eleggere s’è fatto, da Occidente ed Oriente,
    • Presidente del mondo, comune testimone
  • di giusta resistenza, di vita e di passione.
    • Così forse la Terra al Confine potrà
  • essere invece al centro del mondo che verrà.

Chiunque potrà dire che questa è fantapolitica utopica, visto che io sono il primo a dirlo. Ma a volte, se non si sogna in grande, non di realizza nulla per cui valga davvero la pena di combattere.

aprile 2022

Dopo il massacro. Zelenskyj all’ONU di Ettore Perrella

1. Più di un mese è ormai passato dall’aggressione della Russia all’Ucraina ed alcuni nodi iniziano a venire al pettine. Ma ancora non è affatto chiaro che cosa l’Europa è disposta a fare per affrontare questa situazione.

Ieri Mario Draghi ha chiesto agli italiani se preferiscono l’aria condizionata o la pace. È chiaro che tutti rinunceremmo volentieri alla prima, se fossimo certi che questo bastasse per assicurare la seconda. Purtroppo nessuno crede che bastino le sanzioni per arrestare le truppe di Putin.

Però l’Europa siamo noi. Che cosa potrebbero fare dei governi se noi europei rimanessimo indifferenti a quello che succede così vicino a casa nostra? E al rischio che la guerra coinvolga anche i nostri Stati, viziati da ottant’anni di pace garantiti dagli Stati Uniti?

Ma nessuno può rimanere indifferente alle immagini che il Presidente Zelenskyj ha mostrato al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Le città ucraine sono troppo simili alle nostre per non immaginare il peggio.

Tuttavia una cosa – che nessuno si aspettava – è ormai sicura: l’Ucraina ha dimostrato d’essere una nazione, disposta a fare di tutto, fino alla morte, per mantenere la propria libertà e per essere riconosciuta come una nazione europea. Questo non dipende dalle decisioni del Governo ucraino, ma dal popolo. E, se il popolo ucraino ha dimostrato di voler rischiare tutto, pur di non cedere, perché noi occidentali dovremmo sacrificare solo l’aria condizionata o il riscaldamento? Eppure noi esitiamo anche davanti all’ipotesi che la Russia non ci venda il gas necessario a scaldarci nel prossimo inverno.

Scrivo “noi” e devo subito chiedermi: esiste un popolo europeo?

Se è dimostrato che il popolo ucraino rischia la vita, pur d’appartenere all’Europa, noi che le apparteniamo che cosa siamo disposti a rischiare? Dov’è il confine fra la decisione necessaria, la scelta e la viltà?

Alla fin fine, ogni decisione politica è una decisione etica. E le decisioni etiche sono individuali. La democrazia ha il vantaggio, su tutti i totalitarismi, di ricordarcelo sempre. Per questo la democrazia è la forma di governo più difficile. E per questo ogni persona ragionevole, oggi, in Europa, sente il peso di questa decisione. In questa guerra siamo già tutti coinvolti, perché questa guerra è, prima di tutto, una guerra con noi stessi.

2. Alcuni anni fa mi chiesi se un popolo europeo esiste o vada costruito, e mi risposi che un popolo europeo senza dubbio esiste, ma non lo sa. I martiri di Bucha e di Irpin ci costringono a porci la questione. Forse per questo la foto del Papa che bacia la bandiera ucraina, sulla quale qualcuno ha tracciato una croce, ha già un significato apocalittico.

Abbiamo bisogno d’essere bombardati e massacrati, per accorgercene? Non bastano le distruzioni e i massacri di Bucha e di Irpin? O, prima, le migliaia di morti dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Siria, della Libia?

Devono essere i nostri bambini ad essere torturati e stuprati, perché noi prendiamo coscienza del fatto che anche la vecchia Europa è abitata da un popolo? E che questo popolo è composto da singoli individui, che devono decidere subito che cosa vogliono fare. Tutti lo sappiamo. E non abbiamo scuse per illuderci che queste morti, questi stupri e queste torture non minaccino ciascuno di noi. Tutti siamo stati uccisi, stuprati e torturati a Bucha. E tutti sappiamo che chi difende l’Ucraina sta difendendo anche noi. Perciò, in fondo, ci vergogniamo tutti della nostra ragionevolissima viltà.

3. Non so dire se Volodymyr Zelenskyj è un buon politico. Dovrei saperne molto di più sull’Ucraina, per poterlo valutare. Un ucraino che non ha votato Zelenskyj, intervistato in una trasmissione televisiva, ha detto che, al suo posto, qualunque Presidente sarebbe stato un buon politico. Non ne sono affatto sicuro. Sono certo, però, del fatto che Zelenskyj ha svolto finora il suo compito in modo eccellente, prima di tutto non scappando e poi dicendoci la stessa verità di cui tutti siamo, in fondo, consapevoli: è meglio rischiare la morte che ritornare al totalitarismo.

È stato detto che questa è la prima guerra mediatica, della quale siamo chiamati tutti a testimoniare in presa diretta. Grazie ai mass media, siamo tutti coinvolti in quello che succede a poche ore di viaggio da dove abitiamo.

E tutti sappiamo che questo attore diventato Presidente riesce ancora a dire quel che tutti vedono ma nessuno riconosce, vale a dire che il re è nudo, come nella favola. Pur tenendo conto del peso della propaganda e della retorica belliche, tutti sappiamo che è vero, semplicemente perché lo sapevamo già prima che lui ce lo dicesse.

Ci sarebbe davvero da riflettere sul fatto che solo questo imitatore/ballerino/attore sia l’unico a dire in faccia al mondo come stanno le cose: che il re è nudo, e che questo sta costando la vita a migliaia di persone. E che potrebbe comportare una terza guerra mondiale. E non possiamo consolarci dicendoci che il serial televisivo nel quale Zelenskyj ha fatto il presidente prima di diventarlo è rudimentale e retorico. Sappiamo che la retorica, di per sé, è sempre necessaria, quando si vuole convincere. E che convincere è sempre necessario, anche se forse non basta, anche per vincere.

Zelenskyj, quindi, dice la verità, anche se, certo, non la dice tutta. Per esempio lo ha fatto parlando al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Se l’ONU, che è nata per garantire la pace, non è in grado di estromettere la Russia da se stessa o di costringere la Russia a ritirarsi dall’Ucraina, allora è meglio che si sciolga. La citazione è quasi testuale. Era davvero tempo che degli uomini politici dicessero un po’ di verità. Che questo stia accadendo, nonostante l’orrore, è confortante.

Invece era evidente a tutti che il rappresentante della Russia, mentre parlava all’ONU, si vergognava di quello che diceva, visto che non è mai riuscito a staccare neppure per un attimo lo sguardo dal foglio che leggeva.

Naturalmente tutti sanno che il re è nudo, anche quando nessuno lo dichiara. Tutti sanno insomma che l’ONU serve a ben poco, perché è nata solo a condizione che di non avere alcun potere, per far finta che un’Organizzazione internazionale potesse garantire la pace, mentre cinque Stati avevano le mani libere, attraverso il diritto di veto che spetta loro nel Consiglio di Sicurezza. L’ONU è sorta dopo la seconda guerra mondiale e corrisponde ad una situazione geopolitica che è tramontata per sempre già trent’anni fa.

Però il fatto che Zelenskyj lo abbia detto durate una riunione del Consiglio di Sicurezza non è indifferente, anche se non può avere effetti immediati. Come non può esserci contro la Russia un processo equivalente a quello di Norimberga, che fu reso possibile solo dalla sconfitta della Germania nazista. Comunque esiste una Corte Penale Internazionale, che potrebbe condannare qualcuno per crimini di guerra o per crimini contro l’umanità. Il fatto che numerosi paesi abbiano sottoscritto gli accordi di Roma, nel 1998, da cui è scaturita questa Corte, collegata all’ONU, comporta che questi Stati abbiano costituito, senza dichiararlo, una blanda sovranità internazionale1. Zelenskyj, appellandosi a questa possibilità, ha di fatto ricordato che la decisione di Mosca di aggredire uno Stato sovrano riportava, di fatto, le lancette della storia a prima del processo di Norimberga, evocato dal suo discorso. In realtà, è come se noi, attraverso i media, stessimo assistendo ad un pezzo di seconda guerra mondiale, riprodotto nel XXI Secolo, negli stessi territori dell’Ucraina che furono insanguinati allora dall’aggressione tedesca all’Unione Sovietica.

Naturalmente Zelenskyj sa bene che queste iniziative possono avere, in pratica, ben poche conseguenze. Ma ha fatto benissimo a ricordare all’ONU che esse sono possibili, perché una sovranità internazionale oggi esiste, pur non avendo quasi nessun potere di decidere alcunché.

4. Lo stesso vale per l’UE. L’UE ha oggi una sovranità sovranazionale, per quanto negata dalle sue stesse regole di funzionamento. Pur avendo deciso la creazione di un esercito europeo (di cinquemila uomini…), non è affatto chiaro chi potrà decidere come usarlo, se basta l’opposizione di un solo membro dell’Unione per impedire ogni decisione dell’Unione.

Non sarebbe tempo di trarne le debite conclusioni? Tutti sanno che l’Europa non può farsi difendere dagli Stati Uniti come accadeva nella guerra fredda, fino a trent’anni fa. Ma nessuno vuole pagarne le spese. Un’Europa divisa in ventisette Stati è destinata a scomparire dalle scene politiche globali, se questi Stati non costituiranno una sovranità comune, vale a dire una federazione, capace di decidere a maggioranza e non con l’approvazione di tutti i paesi che aderiscono all’Unione.

L’Unione Europea è oggi una federazione incompiuta. Eppure l’Ucraina vuole entrare nell’Unione. Dovremmo costruirne una degna d’accoglierla, e che non basti un Orban – rieletto per la quarta volta Presidente dell’Ungheria – a renderla impotente.

Per avere un solo esercito, l’Unione Europea dovrebbe avere una politica estera unitaria. La guerra in Ucraina, dopo la pandemia, ha dimostrato quanto queste decisioni siano urgenti. Ora, un esercito non serve necessariamente per combattere. Bisogna averne uno degno di questo nome, per essere davvero pacifisti.

Confesso di trovare inconcepibile che tanti continuino ad affermare che non bisogna armare l’Ucraina, ma costringere la Russia a trattare. Come si può costringere la Russia a trattare, quando non si riesce nemmeno ad evitare di versare alla Russia un miliardo al giorno, per pagare il gas che ci fornisce?

Se qualcuno vi minaccia per istrada con una pistola, fra la borsa e la vita, non potete che cedergli la borsa, sperando che non giunga al punto d’ammazzarvi comunque.

E il mondo intero è oggi di nuovo sotto la minaccia d’una pistola atomica. Il vero pacifismo dovrebbe comportare la distruzione di tutte le armi, almeno delle armi atomiche. Ma chi potrebbe riuscire oggi a progettare la loro eliminazione, se nessuno si ricorda nemmeno che lo si potrebbe chiedere ai governi?

1 Su questo punto mi sono soffermato in Sovranità, libertà e partecipazione. Per un’etica politica globale, di prossima uscita, solo in formato web, presso l’editore Polimnia.

ottobre 2021

Stato d’eccezione: chi mette in pericolo la democrazia? di Ettore Perrella

1. Per trovare un equivalente della manifestazione non autorizzata che ieri pomeriggio, a Roma, ha attaccato la sede della CGIL e tentato di arrivare a Palazzo Chigi, bisogna risalire la storia italiana di un secolo, per arrivare ai moti fascisti, che portarono alla marcia su Roma e al ventennio della dittatura. Niente nella storia più recente è paragonabile a questa preoccupante manifestazione, nemmeno negli anni bui del terrorismo, che invece colpiva alla cieca, per esempio a Piazza Fontana o alla stazione di Bologna. I terroristi erano, di fatto, pochi criminali, anche se il progetto cui si adeguavano era un progetto politico abusivo (per esempio la falsa massoneria di Licio Gelli). Il fatto che, scandendo la parola “libertà” come uno slogan, ieri si sia attaccato un sindacato, vale a dire il principio della libertà del lavoro, che per la Costituzione italiana coincide con la sovranità popolare, è profondamente inquietante. La pandemia ha messo in tensione e fatto emergere dei problemi – politici, costituzionali, economici – che erano già tutti presenti anche prima. Il virus, come oggi il green pass, sono stati solo l’enorme cassa di risonanza che li ha fatti emergere.

2. Il paradosso della situazione attuale è fondato sul fatto che la democrazia, che parte dal principio della libertà d’opinione di ciascun singolo, è un sistema di governo proprio perché questa libertà non è assoluta, ma limitata dalla legge. La legge, che mette in forma politica la libertà civile, è in primo luogo la Costituzione. La Costituzione è la forma scritta che si dà un paese per guidare la legiferazione e l’amministrazione della giustizia in termini di legittimità. Il diritto costituzionale tenta di tradurre come legalità (rispetto della costituzione) il piano sdrucciolevole della legittimità (che non è di competenza del diritto costituzionale, ma della filosofia del diritto). Legittimo è l’esercizio della sovranità, come si effettua nella legiferazione e nella forza giudiziaria e militare. Soltanto un regime politico che abbia la forza di difendere e imporre la propria volontà con una polizia ed un esercito può si fatto essere efficace e quindi realmente sovrano. Il sovranismo attuale – lo stesso che ieri ha attaccato il governo, il parlamento e il sindacato – si basa sull’illusione che la sovranità spetti e debba tornare allo Stato nazionale. Non è un caso che in questi giorni la Corte costituzionale polacca abbia statuito che le leggi nazionali debbano avere la prevalenza sulle leggi europee. Ma l’Unione europea è sorta proprio sulla cessione da parte degli Stati che la compongono d’una parte – purtroppo ancora minuscola – della propria sovranità. È chiaro quindi che, se la Polonia non rinuncerà a questa affermazione di principio, l’Unione europea dovrebbe espellerla – cosa che, fra l’altro, non può fare – o rassegnarsi a svanire. Storicamente, il principio della sovranità nazionale ha finito d’essere efficace alla fine della seconda guerra mondiale. Oggi la sovranità può essere gestita soltanto da chi può difenderla: gli USA, la Cina, la Russia, la NATO e l’Ue, purché quest’ultima gestisca la propria sovranità in modo unitario, come finora non ha fatto. Il principio del sovranismo è illusorio e nostalgico d’un ordine che ha finito di valere settant’anni fa. Ricordo queste evidenze perché, quando in uno Stato la maggioranza degli aventi diritto di voto non lo esercita, diventa subito evidente che la democrazia è un artificio, perché il potere non è gestito dal popolo, ma da altri centri di potere, più o meno manifesto. Ne consegue che il Governo italiano è sollecitato da questa manifestazione a svolgere il proprio compito politico con più chiarezza ed evidenza. Se si lasciasse correre – o, peggio, se il Ministro degli Interni si dimettesse, come qualcuno che pure fa parte del Governo ha richiesto – si dichiarerebbe implicitamente incapace di governare l’Italia. Fortunatamente il Presidente del Consiglio non è un politico, e credo che sia perfettamente capace d’affrontare la situazione.

3. È scandaloso che quasi nessuno abbia affrontato le misure di lockdown imposte dai governi nella pandemia in termini di diritto costituzionale. Quando qualcuno ci ha provato, per esempio Massimo Cacciari in una recente trasmissione televisiva, i suoi interlocutori semplicemente non lo capivano e tentavano di ritradurre tutto ciò che diceva in termini di filosofia del diritto nei termini della politica securitaria. Questa cecità giuridica è preoccupante, visto che riguarda la stragrande maggioranza della classe dirigente italiana. Ma come sorprendersene, in un momento in cui la magistratura stessa è accusata di non aver rispettato la legge e d’avere cercato di creare, con la connivenza di alcuni politici, dei centri di potere occulto? Per questo è paradossale che una manifestazione di piazza evidentemente fascista abbia usato come slogan la parola “libertà”. La libertà si rispetta solo se viene sovranamente limitata. Non si rispetta affatto se si attacca Montecitorio, o si svuota la funzione del Parlamento, come fece Mussolini. Nella Costituzione della Repubblica di Weimar questo principio libertario era garantito da un articolo specifico, relativo allo stato d’eccezione, che consentiva al Presidente del Reich di sospendere le libertà costituzionali dei cittadini tedeschi in situazioni pericolose, non previste dalla Costituzione, per proteggere il principio della libertà costituzionale. Di questo articolo si servì Hitler per abolire per sempre costituzionalmente il rispetto dei princìpi costituzionali. Questo dimostra che, quando si pretende che una costituzione garantisca la libertà, si apre la porta ad una dittatura. Nella Costituzione italiana non è contemplato nessun caso in cui i diritti fondamentali dei cittadini italiani possano essere sospesi, a meno che non si tratti della difesa della salute pubblica. Proprio su questo si sono fondate le restrizioni imposte nel 2020 dal Governo italiano e quelle attuali relative al green pass. Queste restrizioni sono di fatto un equivalente dello stato d’eccezione riconosciuto dalla Costituzione di Weimar. E quel che è preoccupante è che esse continuino a venire prese basandosi sulla fiducia maggioritaria della popolazione, ma senza che venga mai formulato il principio di legittimità di queste restrizioni. Insomma ci si nasconde dietro l’urgenza del contagio per non prendere una posizione politica. Sta di fatto che ovunque – e non solo in Italia, ma anche negli USA, in Russia ecc. – c’è una parte della popolazione che non si è vaccinata, dimostrando così di non credere al valore sanitario del vaccino stesso (in realtà la gamma dell’incredulità è molto più vasta: si passa dall’estensione massima dell’esistenza del Covid-19, all’estensione minima della legittimità del green pass). Ovunque esiste una consistente minoranza di popolazione che denuncia il potere politico come fittizio e non realmente sovrano. L’equivalente più immediato della manifestazione a Roma di ieri è stato l’attacco al Campidoglio di Washington nello scorso gennaio. Ed è del tutto evidente che, quando sono le masse, anche se minoritarie, ad attaccare la democrazia, quello che si cerca di costruire è sempre una dittatura.

4. Il pericolo è enorme, perché non si può pretendere da milioni di persone che abbiano una competenza giuridica che hanno sempre avuto solo pochissimi, e perché c’è il rischio concreto che le perplessità giuridiche di pochissimi, che appartengono tutti all’estrema sinistra, oggi finiscano col confondersi con lo scontento cieco della marmaglia fascista. Non è un caso che le dichiarazioni immediate dei Segretari dei due partiti italiani di destra abbiano condannato, della manifestazione di ieri, solo l’espetto violento, mentre hanno di fatto sottoscritto – e quindi rinfocolato – le sue ingiustificabili motivazioni ideologiche. Il paradosso è che uno di questi due Segretari proprio ieri, se ricordo bene, ha ottenuto d’essere ricevuto dal Presidente del Consiglio Draghi una volta la settimana… Naturalmente non è un caso che i Governi italiani da tempo siano presieduti da non politici. La politica italiana – e, ripeto, anche quella di altri paesi – si è dimostrata totalmente incapace di comprendere il problema di legittimità che è stato posto dalla pandemia, tentando di ridurlo alla legalità della regole. Che il problema sia questo è del resto dimostrato dal fatto che quasi tutte le regole previste dai Governi erano e continuano ad essere di fatto inapplicabili. Fra cinque giorni, per poter lavorare bisognerà avere un green pass, per ottenere il quale si deve aver fatto il vaccino o un tampone. Credere che si possa verificare il rispetto di queste regole in migliaia o milioni di piccole imprese significa credere che milioni d’italiani si trasformino da un momento all’altro in poliziotti.

5. Da una pandemia non si esce senza un progetto politico lungimirante e innovativo. Il fatto che l’Ue stia contribuendo alla ricostituzione dell’economia italiana (e non solo) è sicuramente positivo. Ma in questo stesso momento più di dieci Paesi aderenti all’Unione chiedono all’Europa di costruire dei muri di difesa dagli immigrati. L’Europa non ha un progetto politico evidente e dichiarato. L’Europa ha bisogno d’avere un progetto politico dichiarato e popolare comune. Se un patriottismo europeo non nascerà dalle ceneri della pandemia, l’Europa è destinata a compiere la sua definitiva rinuncia all’esercizio della sovranità popolare di tutti gli europei.

La scienza, la psicanalisi e la verità

La Comunità Internazionale di Psicoanalisi (Sezione triveneta) e l’Accademia per la Formazione di Padova organizzano a Padova un seminario sul tema “La scienza, la psicanalisi e la verità”. Gli incontri si terranno dal 24 novembre 2017 all’8 giugno 2018 alla Sala Conferenze del Giardino Cavalleggeri in Corso Milano 123 (Padova). L’ingresso è gratuito.

Dialogo

Per uscire dalle aporie delle proprie conseguenze, la scienza deve vedere riconosciuto l’atto come uno dei propri principi fondamentali (accanto all’ente e alla parola). Scienza è, infatti, mettere in relazione le cose (la “natura”) con delle leggi matematiche (vale a dire con dei simboli e dei concetti). Ma mettere in relazione è un atto. Sicché, la scienza si fonda su tre principi (ente, parola, atto) e sui corrispettivi campi filosofici (ontologia, logica, etica). Tenere conto di quest’ambito triadico serve a mostrare che l’epistemologia non è un sapere neutro e descrittivo, ma è un prendere partito: al tempo stesso dal punto di vista etico, politico, morale e giuridico.

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